Date:
Luglio 28, 2018
Perché un intellettuale, per molti aspetti sovversivo (suo il libro “descolarizzare la società”) Ivan Illich, da molti definito un “archeologo della modernità” può essere d’aiuto ad un Dealer Auto evoluto.
La mia passione per gli studi filosofici, in particolare dei filosofi e ricercatori contemporanei, mi ha fatto conoscere ed apprezzare quest’uomo per la sua continua pretesa di ricerca senza fine, di studio dettagliato che non si arresta mai. Al pari di Max Gluckman, antropologo stimatissimo da Illich, il quale affermava che – un rituale è una forma di comportamento che rende ciechi coloro che vi prendono parte, in relazione al divario esistente tra lo scopo per cui eseguono il rituale stesso e le conseguenze sociali che quel rituale ha –
Scusate se ho dissertato per qualche riga a proposito di intellettuali e antropologi, volevo ottenere l’attenzione del lettore che nel suo quotidiano vive e lavora all’interno di una rivendita d’automobili. Un invito a riflettere sulla ritualità del proprio mestiere. Per caso, le settimane ed i mesi che trascorrete condividendo gli obiettivi dell’azienda con i propri colleghi, hanno una familiarità con la ritualità? Se si, allora vi invito a seguire con attenzione questo Post. Se siete convinti del contrario allora passate tranquillamente a quello successivo.
Riapriamo per un attimo la finestra filosofico-culturale per enunciare la visione di Illich descritta nel suo libro “descolarizzare la società”: per Illich è possibile una rivoluzione, una nuova visione dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Bisogna, in tal senso, recuperare la responsabilità di ciò che si insegna o di ciò che s’impara; la descolarizzazione è un rinnovamento culturale, è il recupero della libertà, che gli individui hanno, di apprendere e insegnare al di là dell’istituzionalizzazione come lavoro dell’insegnamento stesso. Dopotutto, questa rivoluzione mentale porterebbe a quella che Illich chiama la Convivialità (nome, per altro, di un’opera importantissima dell’autore) : un mondo in cui ognuno possa essere ascoltato, nel quale nessuno sia obbligato a limitare la creatività altrui, dove ciascuno abbia uguale potere di modellare l’ambiente che a sua volta poi determina i desideri e le necessità. Chiusa parentesi.
Prendiamo ora a modello un Dealer auto che oggi si riconosce attivo e appartenente ad una realtà strutturata, che rappresenta Brand importanti e che investe molto in formazione del personale e si trova ad affrontare una fase espansionistica. Escluderei per un momento i Dealer auto diretta emanazione sul territorio della Casa Madre. Prendiamo realtà importanti, negli ultimi due anni ne ho conosciute poche decine in Europa.
Noto che un po’ ovunque, l’investimento in formazione è in costante aumento. L’impressione che ne ho ricavato é che un modello di formazione troppo scolarizzato e declinato al mansionario del dipendente, renda rigido lo schema mentale del medesimo. In qualche misura, ho l’impressione che tutto sia incanalato in modo tale da poter esercitare maggiore controllo più che ottenere maggiori feedback da coloro che ogni giorno sono a contatto con i clienti, sia al telefono che vis à vis nell’area di vendita.
Tanto è vero che si sono moltiplicati i questionari di soddisfazione sottoposti al cliente per via telematica e automatica. Come dire: poiché non mi fido di quello che mi racconta il mio dipendente, meglio basarsi su una statistica ottenuta tramite domande e risposte date dagli utenti – Non sarebbe meglio adottare un modello conviviale di apprendimento dove si può recuperare la responsabilità di ciò che si insegna o di ciò che s’impara?
Dico questo perché molti venditori, ma anche qualche manager, nel segreto di una conversazione privata davanti alla macchinetta del caffè, spesso mi confessa che quanto gli sto prospettando come investimento, sia una cosa a cui lui aveva pensato da tempo e addirittura che fosse un pensiero condiviso con i colleghi. Ma allora perché non lo avete fatto prima? Domando io, nella mia totale ingenuità. “Perché abbiamo appena finito il percorso di certificazione ADM… ma perché ora stiamo facendo il percorso formativo di phone coaching….ora siamo impegnati nel site training…etc. etc.” Per carità, meglio formarsi e rispondere correttamente ad un contatto o saper gestire meglio un cliente che assumersi responsabilità non proprie.
D’altronde, costruire un’area declinata alla fotografia delle auto d’occasione, dotarsi di una pedana robotizzata per far girare le auto e fotografarle a 360°, non è certo una decisione che spetta ad un venditore d’auto o ad un responsabile marketing? O no? Forse, se loro ne avessero consapevolezza? Se fosse svolto un lavoro di coinvolgimento attraverso un percorso conviviale? Renderli responsabili di una scelta condivisa e non calata dall’alto non è forse meglio?.
Invito i titolari di importanti rivendite d’automobili a rifletterci molto, perché quando con i miei collaboratori andiamo ad installare un nuovo impianto, è evidente la reazione di chi dovrà poi occuparsi quotidianamente del suo utilizzo e cura.
Coloro che vengono messi davanti al repentino cambio di “regole del gioco”, cioè: – prima scattavi con il cellulare o con la macchinetta fotografica, facevi in due tre minuti le foto alla vettura e via pubblicare, mentre oggi devi, posizionare l’auto sulla pedana, avviare lo start e a fine processo occuparti di una serie di scatti singoli per i dettagli, prestare attenzione alla consequenzialità degli scatti, alle cartelle di archivio…etc – ecco che l’impatto emotivo è piuttosto evidente. Pur apprezzando i risultati ottenuti, l’operatore non può fare a meno di lamentarsi per l’apparente mole di lavoro che lo aspetta. In realtà è stata data un’organizzazione ad un processo che prima non esisteva, i tempi dedicati agli scatti fotografici, sono praticamente i medesimi (solo il risultato è decisamente diverso) ma la risorsa umana impiegata, prima ancora di riscontrare l’indubbio vantaggio in termini di qualità di risultato, avverte una strana pressione emotiva tutt’altro che positiva.
Per contro, quando arriviamo presso un Dealer che ha condiviso il progetto con la persona o le risorse che dovranno occuparsi nel quotidiano di utilizzare il sistema, la musica cambia. Qui troviamo persone ansiose di iniziare, entusiaste davanti ai primi risultati, collaborative e propositive, pronte a suggerire ulteriori possibilità per ottenere ancora più qualità in tempi compressi. Senza la minima critica o nostalgia del sistema semplificato utilizzato in precedenza. Anzi, spesso ci dicono – lo vedevo anch’io che le foto erano orribili –.
Di fronte a queste esperienze, non posso che pensarla come i filosofi-antropologi di cui sopra. In molte aziende occorre ripensare alla valorizzazione delle risorse piuttosto che a indottrinamenti dispendiosi e con la pretesa che i soldati vincano le battaglie ogni mese.
Serve una conviviale presa di consapevolezza che ciò che si insegna o si apprende, è nel bene comune di tutti, e che l’agire con responsabilità vuol dire anche avere lo spazio di parola, di partecipazione alle scelte, di rispetto verso il proprio lavoro. Mai come oggi, azienda e dipendente vivono in modo precario il proprio futuro. Per renderlo più certo è bene prendersi la responsabilità, lavorando al meglio delle proprie possibilità, senza accontentarsi mai. Giusto festeggiare per una vendita o un budget raggiunto, ma il giorno dopo occorre trovare il modo per superarsi. Gli strumenti che sono a nostra disposizione da domani, ci permetteranno di raggiungere traguardi più alti.